Nonostante la nostra fragilità e piccolezza, siamo chiamati ad annunciare, con la nostra vita e le nostre parole, la bellezza di poter vivere per la fraternità.
Questa chiamata è personale, ma il risultato è senza dubbio migliore se lo facciamo insieme, in un gruppo. Il gruppo non sarà certamente composto da persone perfette, ma aver sperimentato la fraternità è un impulso per questo compito. Il suo successo non dipende dalle capacità personali, ma dalla realtà viva e concreta del volersi bene. Possiamo gridare l’amore che sentiamo con la nostra vita e le nostre parole, uscendo da noi stessi con coraggio e generosità, per offrire a tutti, con dolcezza e rispetto, il tesoro della fraternità che apre i cuori alla speranza.
Come ci propone Chiara Lubich, si tratta di “rinnegare” noi stessi, di “diminuire” per mostrare solo amore. Un amore che crescerà se ci lasciamo guidare dalla voce della coscienza che ci parla nel nostro intimo. Se gli diamo spazio – ci dice-, vedremo che ci spinge verso la fraternità e ogniqualvolta che incontro un fratello o una sorella, mi mette nell’atteggiamento di “farmi uno” con lui o lei, di servirli perfettamente; mi dà la forza di amarli se in qualche modo nemici; mi arricchisce il cuore di compassione per saper perdonare e poter capire le loro necessità; mi fa zelante nel comunicare, quando è l’ora, le cose più belle del mio animo. Chiara ci dice che con questo e attraverso questo amore nel cuore possiamo andare lontano e partecipare la nostra scoperta con molte altre persone finché l’altro, dolcemente ferito dall’amore che sperimenta, vorrà “farsi uno” con noi, in un reciproco scambio di aiuto, di ideali, di progetti, di affetti. Solo allora potremo dare la parola, e sarà un dono, nella reciprocità dell’amore.
È una prospettiva che ci rende consapevoli della nostra appartenenza al grande mosaico del cosmo e di cui siamo particolarmente sensibili oggi. In questo nuovo percorso dell’umanità, i giovani spesso sono una punta avanzata; confermano con i fatti quello che annunciano con le parole.
Robert dalla Nuova Zelanda condivide la sua esperienza sul web: “Un’attività in corso nel nostro territorio sostiene il restauro del porto di Porirua nella parte meridionale della regione di Wellington in Nuova Zelanda. Questa iniziativa ha coinvolto le autorità locali, la comunità cattolica Maori e la tribù locale. Il nostro obiettivo è quello di sostenere questa tribù nel suo desiderio di guidare il restauro del porto, per garantire che le acque scorrano pulite e per permettere la raccolta di molluschi e la pesca abituale senza paura dell’inquinamento. Queste iniziative hanno avuto successo e hanno creato un nuovo spirito comunitario. La sfida è evitare che si tratti di un evento passeggero e di mantenere un programma a lungo termine che porti aiuto, sostegno e faccia davvero la differenza sul campo”.