Questa idea del mese è un invito a mettersi in condizione di imparare il che richiede uno sforzo da parte nostra.
Cosa significa imparare a fare il bene?
Nel cammino di tutti i giorni abbiamo sempre qualcosa da comprendere, perché qualcosa che sembra essere buona in realtà non sempre lo è (non sempre lo è davvero?). Per individuare il bene sono necessari la formazione costante della coscienza, lo studio, la riflessione collettiva, la comunione. D’altra parte, a volte sappiamo qual è il bene, ma non sappiamo come renderlo concreto. Tutto questo richiede impegno, pazienza e molta apertura e lavoro di squadra che ci permetteranno di migliorare e di ricominciare se abbiamo sbagliato.
Cosa significa cercare la giustizia?
La giustizia è come un tesoro che va cercato e desiderato. Praticare la giustizia ci insegna a fare il bene. La giustizia è quindi la meta del nostro agire. Cercare e praticare la giustizia ci porta ad avere un amore preferenziale per i più bisognosi: gli indifesi, gli oppressi, gli orfani, le persone sole, i poveri, gli anziani, coloro che sono intrappolati dall’abuso di sostanze, gli sfruttati, gli sfollati, ecc. Queste persone hanno bisogno di azioni personali e sociali concrete e non solo di discorsi o dichiarazioni generiche.
Questa IDEA DEL MESE ci spinge ad aiutare gli altri, ad avere uno sguardo attento soccorrendo concretamente chi è nel bisogno; ci chiede di aprire il cuore, la mente e le braccia, soprattutto verso coloro che soffrono.
Chiara Lubich diceva che il desiderio e la ricerca della giustizia sono da sempre inscritti nella coscienza dell’uomo. Ma nonostante le conquiste e i progressi compiuti lungo la storia, l’ideale di giustizia e fraternità è ancora lontano dall’essere raggiunto. Le guerre che anche oggi si combattono, così come il terrorismo e i conflitti etnici, sono il segno delle disuguaglianze sociali ed economiche, delle ingiustizie, degli odi. Senza amore, senza rispetto per la persona, senza attenzione alle sue esigenze, i rapporti personali possono essere corretti, ma possono anche diventare burocratici, incapaci di dare risposte risolutive alle esigenze umane. Senza l’amore non ci sarà mai giustizia vera, condivisione di beni tra ricchi e poveri, attenzione alla singolarità di ogni uomo e donna e alla concreta situazione in cui essi si trovano[1].
Vivere per il mondo unito è farsi carico delle ferite dell’umanità attraverso piccoli gesti che possono aiutare a costruire la famiglia umana.
Un giorno, J. dell’Argentina incontra casualmente il preside dell’istituto dove aveva insegnato e che con un pretesto lo aveva licenziato. Quando il preside lo riconosce, cerca di evitarlo, ma J. gli va incontro. Gli chiede sue notizie e il preside gli racconta le difficoltà di quell’ultimo periodo, che vive in un’altra città ed è in cerca di lavoro. J. si offre di aiutarlo e il giorno dopo diffonde tra i suoi conoscenti la notizia che sta cercando un lavoro per una persona. La risposta non tarda. Quando il preside riceve la notizia dell’offerta di un nuovo lavoro quasi non riesce a crederci! L’accetta, profondamente grato e commosso del fatto che proprio chi aveva un giorno licenziato si fosse interessato concretamente a lui.
Proprio in quel tempo, J. riceve inaspettatamente l’offerta di due lavori che aveva sempre desiderato sin da quando aveva incominciato l’università[2].
[1] C. Lubich, Parola di Vita novembre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) p. 795.
[2] Taken and adapted from "The Gospel of the day”, Città Nuova, anno VIII, n. 1, gennaio-febbraio 2022.