La grandezza dell’amore ha una caratteristica, che sembra descriverlo nella sua piú bella espressione: la compassione. È quella sua sfumatura che pensa alla cura delle sue creature, che se ne occupa, che le anima, le consola, le accoglie senza mai stancarsi. Una mèta che puó apparire impossibile, irraggiungibile, al di fuori del rapporto di una mamma con il suo figlio.
Ci invita ad una vera rivoluzione nella nostra vita: ogni volta che ci troviamo di fronte ad una possibile offesa possiamo evitare la strada del rifiuto, del giudizio inappellabile, e della vendetta, e scegliere invece quella del perdono e della misericordia.
Non si tratta tanto di andare dietro ad un dovere faticoso, ma piuttosto di accogliere la possibilità di passare dalla morte dell’egoismo alla vita della comunione, che offre a tutti una seconda occasione e apre degli orizzonti di speranza.
Questa presa di posizione ci permetterà pure di preparare il terreno delle relazioni fraterne, da cui può emergere e crescere una comunitá umana orientata finalmente alla convivenza pacifica e costruttiva.
Suggeriva Chiara Lubich: “…la misericordia è appunto l’espressione ultima dell’amore, della caritá, quella che la realizza e la rende perfetta. Cerchiamo, pertanto, di vivere in ogni rapporto questo amore verso gli altri sotto la forma della misericordia. La misericordia è un amore che sa accogliere ogni prossimo, in modo speciale il piú povero e bisognoso. Un amore che non misura, che è abbondante e universale, concreto. Un amore che cerca di suscitare la reciprocità, che è il fine ultimo della misericordia, senza cui solo esisterebbe la giustizia, che serve per creare l’uguaglianza ma non la fraternità. Nonostante possa sembrare un po’ difficile e azzardato, domandiamoci di fronte ad ogni prossimo come si comporterebbe su madre nei suoi confronti”.